L’arte di Vincent Van Gogh
In appena 37 anni di vita Vincent Van Gogh è stato capace di eseguire più di tremila tra schizzi, disegni, e dipinti, ed è forse il caso di dire che la pittura del secolo XX perse senza dubbio, con la sua morte avvenuta così prematuramente, uno dei suoi massimi esponenti, un genio che avrebbe ancora potuto dare tanto al mondo dell’arte in generale. Un genio incompreso, tanto incompreso che c’era addirittura chi lo guardava con disprezzo per il suo modo di essere; Van Gogh è sempre stato molto vicino al mondo della povertà, della sofferenza, alla dura realtà dei braccianti agricoli e di quella dei lavoratori delle miniere, tanto per essere chiari.
Eppure il genio olandese non nacque con una fortissima e manifesta predisposizione verso la pittura, la passione gli venne col tempo; disegnava molto, questo si, ma l’idea di voler diventare pittore di professione gli venne soltanto intorno ai 27 anni, realizzando la maggior parte dei suoi capolavori di grande successo nei suoi ultimi 10 anni di vita. Disturbi mentali sempre più frequenti lo condussero alla morte, avvenuta il 29 Luglio 1890 nel piccolo comune francese di Auvers-Sur-Oise.
Cenni biografici
Figlio del pastore olandese Theodorus Van Gogh e di Anna Cornelia Carbentus, che avevano già avuto un bebè prima di lui, purtroppo nato già morto, Vincent Willem Van Gogh iniziò gli studi nella piccola scuola del paese di Groot Zundert nei Paesi Bassi, per poi spostarsi in un collegio, quello della vicina cittadina di Zevenbergen, dove studiò oltre al disegno anche francese, inglese, tedesco.
Il suo profitto a scuola non era poi così entusiasmante, e la famiglia si attivò ben presto per trovargli un lavoro, cosa che avvenne abbastanza rapidamente grazie all’intercessione dello zio paterno, anch’egli di nome Vincent, che lo fece entrare alla Goupil & Co, una nota casa d’arte specializzata nella riproduzione di stampe. La stessa Goupil & Co chiese al giovane Van Gogh di trasferirsi per lavoro prima a Bruxelles e poi a Londra, città nella quale il pittore visse anche la sua prima delusione d’amore, essendo innamoratissimo di una donna che poi risultò essere già fidanzata. Per questo motivo, ma non solo, il ventunenne Vincent si trasferì ancora una volta, destinazione L’Aia, dove lavorò con la stessa impresa fino al 1875.
Il messaggio evangelico e l’ispirazione di Van Gogh
In questi anni della sua giovinezza, periodo in cui Van Gogh trovò lavoro come supplente presso la scuola del reverendo metodista Willam Port Stokes, si manifestò anche la sua passione mistica verso il mondo religioso, calcando un po’ quella che era stata l’impronta datagli dal padre. Tornato a vivere coi familiari in seguito ad una profonda crisi depressiva, lo zio Vincent si attivò per aiutarlo a trovare un altro lavoro, questa volta in una libreria, ma lui non ne voleva proprio sapere, piuttosto preferiva passare il tempo traducendo la Bibbia in inglese, francese, e tedesco, forte del fatto che conosceva bene questi idiomi.
La forte crisi depressiva portò dunque il pittore olandese a ‘rifugiarsi’ in un certo senso nella misticità della religione, e lui riuscì addirittura a convincere il padre ad iscriverlo alla facoltà di teologia di Amsterdam, dove iniziò tra l’altro ad imparare anche latino e greco; leggeva moltissimo specialmente testi religiosi, cosa che lo spinse poi a frequentare dei corsi di evangelizzazione, avvicinandosi moltissimo a quella che era la vita delle classi sociali più povere, ovvero quella dei lavoratori sfruttati delle miniere o dei campi.
La pittura contadina e l’approccio all’impressionismo
Come accennato, l’approccio con la pittura in modo deciso e convinto Van Gogh lo ebbe abbastanza tardi, tra i 27 ed i 28 anni d’età e, considerando la sua prematura scomparsa quando era appena trentasettenne, anche la sua vita artistica è stata davvero molto breve. Iniziò con opere di carattere pastorale nelle quali metteva in risalto proprio la sacrificata vita dei contadini e dei lavoratori delle classi sociali più sfruttate e bistrattate, quasi a volele santificare e dare loro dignità.
E’ di questo periodo quella che viene da molti etichettata come la prima vera sua opera, I mangiatori di patate, dove è evidente la sua benevolenza nei confronti dei lavoratori dei campi, che egli ritrae conferendo loro grande realismo e pathos; da qui in poi il pittore olandese dipinse una quantità industriale di tele raffiguranti fiori, cipressi, campi di grano, e tanti, tantissimi autoritratti. Risale agli inizi del 1899 quella che ancora oggi viene considerata la sua massima opera, ovvero quei famosi Girasoli battuti all’asta per la modica cifra di circa 25 milioni di euro.